AGGETTIVO QUALIFICATIVO

Come il sostantivo a cui si riferisce, può essere maschile o femminile, singolare o plurale.
Modifica pertanto la desinenza secondo il genere e il numero.
Di norma l’aggettivo qualificativo segue il sostantivo.
Gli aggettivi delle qualità e delle grandezze elementari lo possono precedere, es.:«bèl/brüt» «bón/gràm» «bràv/catìv» «grànd/pìcul» «pòch/tànt» «sciùr/pòr» (puarèt segue sempre il sostantivo) «cèrt/tàl» (nel senso di qualcosa di indefinito, come un cèrt valùr; una tal dòna).

I gradi dell’aggettivo

Comparativo di uguaglianza

In italiano si forma facendo precedere all’aggettivo le particelle correlative <così> e <tanto>, facendole seguire da <come>, <quanto> e simili.
Nel dialetto lodigiano si forma facendo seguire all’aggettivo le particelle correlative
«cùme», «tàme» e «’me».

Comparativo di maggioranza

Si forma facendo precedere l’aggettivo da «püsé» e facendolo seguire dalla preposizione «de» (es.: mì son püsé vég de tì), oppure da «che», soprattutto quando i due termini di paragone sono entrambi aggettivi (es.: l’é püsé scémo che bèl).
Quando i due termini di paragone sono sostantivi, o verbi, il secondo termine può essere preceduto da «che» o da «che nun»
(es.: mé fiöla l’é püsé bràva a cüŝì che nun a fà da mangià; gh’é püsé témp che vìta).

Comparativo di minoranza

Segue le medesime regole del comparativo di maggioranza, con l’uso di «mén» o «ménu», anziché di «püsé».

Superlativo assoluto

Nel dialetto lodigiano dovrebbe essere considerato fuori norma l'utilizzo del suffisso «ìsim» (<issimo>) per la formazione del superlativo assoluto, anche se l'italianizzazione del nostro vernacolo ne ha via via incrementato la frequenza. La regola prevede:
raddoppio del suffisso «ént» dell’aggettivo, es.: dür dürént (durissimo), ciàr ciarént (chiarissimo), bèl belént (bellissimo), pién pienént (pienissimo).
utilizzo di «tròp» (sottolineato nella pronuncia), equivalente a <molto>, es.: l’è tròp bràu (è bravissimo), l’è tròp bèla (è bellissima).
similitudini e paragoni, es.: bón ‘me ‘l pàn (buonissimo di carattere); san ‘me un còrnu (sanissimo), dür ‘me ‘l mür (durissimo); bèl ‘me ‘l sùl (bellissimo); pién ‘me un öv (pienissimo).

Superlativo relativo

Si forma premettendo l’articolo al comparativo di maggioranza o di minoranza. All’aggettivo seguono le preposizioni «de» (e preposizioni articolate) e «tra», oppure «che (nun)», es.: la partìda püsé bèla del campiunàd; la squàdra püsé fòrta che(nun) ghe sia; el ménu bràu tra tüti.

AGGETTIVO DETERMINATIVO DIMOSTRATIVO

Anche nel dialetto lodigiano si presentano tre forme di aggettivo dimostrativo, confrontate nella tabella che segue con i corrispondenti <questo><codesto><quello> dell’italiano.


«chél» «chéla» «chi» «chéle» derivano da «quèl» «quèla» « quèi» «quèle» (con caduta della «u» e cambiamento dell’accento da grave in acuto), che avevano funzione sia di aggettivo sia di pronome, mentre ora hanno solamente funzione di pronome.
le particelle «chì» (<qui>), «» (<>) e «» (<>) esprimono il grado di vicinanza spaziale. Tali particelle possono mancare nei seguenti casi:
quando vengono usati «sto» «sta» «sti» come dimostrativi, che non hanno la funzione precisa di evidenziare il concetto di vicinanza (es.: pòrtum sto lìber, dùnca!; e lùr, sti scémi, i han capìd no).
quando «chél» «chéla» «chi» «chéle», corrispondenti a <quel> <quello> <quella> <quei> <quelli> <quegli> <quelle>, non hanno la funzione precisa di evidenziare il concetto di lontananza (es.: l’é bèl, chél lìber che i t’han dài?; el gh’éva tànta de chéla fàm…; chéle fàte de le sò amìŝe).

Oltre al concetto di vicinanza o lontananza spaziale, le particelle «chì» «» «» indicano il grado di vicinanza o lontananza temporale, es.: in chéla stemàna chì (in questa settimana); a chi témpi (a quei tempi).

AGGETTIVO DIMOSTRATIVO D’IDENTITA'


AGGETTIVO DIMOSTRATIVO DI QUALITA’


AGGETTIVO POSSESSIVO


Per la necessità di evitare equivoci e per meglio chiarire l’effettivo "possessore", si usa anche far seguire il sostantivo da un elemento di specificazione possessiva con il pronome personale inerente, in quanto «» non è declinabile; es.: l’é de sta a significare che "è proprio suo" "è suo di lui".

Da notare che:
Le forme di prima, seconda, terza persona singolare e di terza persona plurale sono identiche per maschile e femminile, singolare e plurale (mé, tò, sò).
lL’aggettivo italiano <proprio> non ha corrispondente in dialetto e assume la forma di «sò» nei generi maschili, femminili, singolare e plurale (es.: l’è bón da fà i sò afàri).
In prima e seconda persona plurale, accanto alle forme più genuine «nòst» «nòsta» «nòsti» «nòste» «vòst» «vòsta» «vòsti» «vòste», sono in uso anche le forme «nòster».
«nòstra» «nòstri» «nòstre» «vòster» «vòstra» «vòstri» «vòstre».
L’accento su «mé» della prima persona maschile e femminile, singolare e plurale, è chiuso, distinguendosi da «mè» pronome, che ha accento aperto.
Nel genere maschile, in prima persona singolare e plurale, l’aggettivo diventa «mè», con accento aperto, quando segue il sostantivo.
Nel genere femminile, in prima, seconda, terza persona singolare e terza persona plurale, in luogo di «mé» «tò» «sò» l’aggettivo diventa «mìa» «mìe» «tùa» «tùe» «sùa» «sùe» quando segue il sostantivo (es.: in vìta mìa; in cà tùa; de tésta sùa).
Come in italiano, gli aggettivi possessivi riferiti a sostantivi di parentela non sono di norma preceduti dall’articolo (es.: sò màma e mé neùda).

AGGETTIVI NUMERALI

Cardinali


Note:
i numeri «vün» «dü» «trì » sono declinabili al femminile «vüna» «dù» «trè», anche nei numeri composti.
la «t» finale di «cént» scompare nel dialetto parlato.
il numero «mìla» vale sia per il <mille> sia per il <mila> dell’italiano (es.: mìla lìre).
la «c» iniziale di «cént» diventa «s» dolce in «düŝént», «treŝént» e «quaterŝént».
le «v» iniziali di «vün e «vòt» scompaiono nei numeri composti.
il numero «utànta» deriva da un più arcaico «vutànta».
nel numero diciassette «déŝ» diventa «der» (dersèt).
«vün» e «vüna» hanno solo valore di numero cardinale e non di articolo indeterminativo come in italiano.
Ordinali


Note:
tutti gli ordinali sono declinabili al femminile.
soprattutto da «nòno» a «deŝnovéŝim» si capisce come gli ordinali siano stati molto influenzati dall’italiano, tanto che dopo «décim» è ormai nell’uso l’italiano stesso; la forma più genuina, quasi scomparsa, prevederebbe l’utilizzo dell’aggettivo dimostrativo «quèl» seguito dalla preposizione «di» e dal numero cardinale di riferimento (es.: quèl di vündeŝ, quèl di dersèt, ecc.).

Collettivi

In italiano sono <ambo> <ambedue> <entrambi>, che indicano un insieme numerico di persone, animali o cose; in dialetto lodigiano l’aggettivo indeclinabile «àmbo» li comprende tutt’e tre.

I sostantivi collettivi dell’italiano <coppia> <paio> dozzina> trovano corrispondenza in «còpia» «pàra» «dunŝéna »; così pure i multipli di <dieci> (es.: vintìna, trentìna, cinquan- tìna…fino a nuantìna).
Per gli altri sostantivi collettivi si usa la forma «un trì» «un quàter» «un déŝ» «un quìndeŝ» «un deŝdòt», ecc.
Moltiplicativi

Ai moltiplicativi dell’italiano <doppio> e <triplo> corrispondono le forme di seguito evidenziate.
Moltiplicativi



Da <quadruplo> in poi si usa aggiungere al numero cardinale corrispondente le forme «…vòlte tànt» o «…vòlte püsé» (es.: el rénde quàter vòlte tànt de quèl che te réndi tì).

AGGETTIVI INDEFINITI

Sono quelli che indicano una quantità incerta, generica.

Moltiplicativi



\